Rifondazione per la sinistra

Un manifesto per la rifondazione

UN APPELLO AL GRUPPO DIRIGENTE DELLA SINISTRA PER LE LIBERTA’

Posted by c.f. su 9 marzo 2009

elezioni-europee-2009-sinistra-per-le-liberta1 Credo anch’io – come altri sostengono in post pubblicati nei diversi blog del movimento per la sinistra presenti sul web – che se “la sinistra per le libertà” riuscirà a superare la soglia del 4% sarà più facile lavorare per trasformare la lista in soggetto politico.

Come – soprattutto – sono convinto che se non saremo capaci di concretizzare a breve termine tale passaggio (la trasformazione della lista in soggetto politico), la “sinistra” è destinata a scomparire progressivamente dalla scena politica e – quasi certamente – in un lasso temporale breve (le ragioni sonno palesi, inutile dilungarsi ulteriormente su di esse).

Forse una parte – minoritaria – dell’attuale gruppo dirigente de “la sinistra per le libertà” riuscirà comunque a “salvarsi”, costituendo un’ulteriore lista “temporanea” da presentare come nuova speranza di riscatto della sinistra alle elezioni successive, ma a quel punto – certamente – il distacco sarà talmente profondo che dubito ci sarà ancora la possibilità di costruire – nel corso medio della vita della generazione di chi scrive – una forza politica di sinistra capace di incidere e modificare lo stato delle cose presenti.

Questa NON è un’occasione tra le tante, quella che abbiamo di fronte – stante il contesto storico, sociale, politico ed economico in cui è maturata – è l’ULTIMA possibilità; Poi ciascuno di noi non potrà che andare in ordine sparso o ritirarsi nel proprio privato.

Per questo mi sento di dover fare un appello all’attuale gruppo dirigente de “la sinistra per le libertà” (sostanzialmente i dirigenti delle forze politiche di provenienza che, non essendoci stato tempo per avviare un percorso di costituzione degli organismi decisionali, agiscono in sua vece) affinché sappiano essere all’altezza della responsabilità morale che si sono assunti (più nella speranza di riuscire ad ottenere una collocazione personale nelle istituzioni che per altro, ma ciò – a questo punto – è secondario) coinvolgendo soggetti esterni alla loro “cerchia” – soggetti capaci di portare esperienze e capacità nuove, competenze e conoscenza – e, rinunciando ad occupare una parte (non tutti, ci mancherebbe; sarebbe altrettanto folle pensare di fare tabula rasa delle importanti e preziose esperienze politiche accumulate da essi) degli spazi di responsabilità amministrativa (nelle cariche europee e – soprattutto – in quelle amministrative) e politica, includano e coinvolgano – prima, durate e dopo le elezioni – negli organismi dirigenti e nelle istituzioni tali figure.

Perchè se la presenza all’interno delle istituzioni pubbliche – specie quelle locali – della lista “la sinistra per le libertà” è il presupposto – probabilmente indispensabile – affinché si possa riuscire a costituire un nuovo soggetto politico capace di rappresentare le istanze del “diffuso popolo di sinistra” e della parte meno garantita della nostra società è altrettanto vero che soltanto se tale presenza saprà produrre risultati CONCRETI e VISIBILI a breve e medio termine (il mandato elettorale) sarà possibile acquisire quella CREDIBILITA’ indispensabile, affinché si possa godere della fiducia della delega.

Compiere adesso questo parziale “passo indietro”  NON è solamente un obbligo morale di chi si richiama ad i valori che tale lista esprime, ma è soprattutto la possibilità per tutti noi – per essi stessi in primo luogo – di avere un futuro.

Un futuro che è nelle mani dell’attuale gruppo dirigente de “la sinistra per le libertà (perchè, al di là degli auspici sulla partecipazione e la costruzione “dal basso” del soggetto politico, “de facto” in questo momento – ed è ora che si decide – soltanto loro e pochi altri sono nella condizione di farlo) che sceglierà anche per noi.

Ci riflettano almeno un po’, prima di farlo.

c.f.

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UNA PROPOSTA ALTERNATIVA ALLE GRANDI OPERE

Posted by c.f. su 5 marzo 2009

opera1E’ di questi giorni l’annuncio del governo di voler rilanciare il Piano delle Grandi Opere. Un piano di circa 16 miliardi di euro, con il quale si sostiene di dare risposta alle carenze infrastrutturali dell’Italia ed al tempo stesso rilanciare l’occupazione.
Ma al di là delle affermazioni ridondanti a cui questo governo – ma più in generale la politica dei salotti televisivi – ci ha abituati, oltre tanta enfasi, difficilmente un piano così congegnato potrà portare effettivi benefici, sia alla rete infrastrutturale che ai livelli occupazionali.
Non sono un economista e neanche un esperto della mobilità ma basta un po’ di buon senso (nel mio caso accompagnato da una ventennale esperienza nell’ambito tecnico, nel settore edilizio-urbanistico) per comprendere che alcune opere puntuali, per quanto importanti, non incideranno significativamente sulla qualità della vita della popolazione, stante l’oramai diffuso livello di scarsa manutenzione che caratterizza le infrastrutture nel loro complesso (sarà inutile poter – ad esempio – percorrere velocemente un tratto intermedio di un ipotetico percorso, grazie alla nuova grande opera realizzata, quando poi si avranno sempre maggiori difficoltà a coprire i restanti 9/10 dello stesso, causa il suo deteriorarsi progressivo) e neanche sui livelli occupazionali perché, Corte dei Conti “docet”, proprio nelle grandi opere pubbliche si concentrano i maggiori sprechi e la corruzione (più grande è l’opera e maggiori sono le risorse, sub-appalto dopo sub-appalto, disperse per foraggiare le tante figure intermedie, oltre le “bustarelle” per favorire l’assegnazione degli stessi), corrispondendo per l’opera pubblica – nella larga maggioranza dei casi – importi significativamente maggiorati rispetto al valore della stessa e sprecando così buona parte della sua potenziale capacità di sostegno al settore edilizio (ed anche di qualificazione/potenziamento delle reti infrastrutturali).
Un piano, quello dell’attuale governo, che dunque deve essere necessariamente ed efficacemente contrastato nelle sedi istituzionali e nel paese, con la protesta e soprattutto avanzando – sinistra e opposizione tutta (sono certo che il Partito Democratico sia tutt’altro che insensibile su tale tema) una proposta alternativa.
A mio avviso si dovrebbe contrapporre all’iniziativa del governo, un Piano delle Piccole e Medie Opere, proponendo di impiegare le stesse risorse per un processo di manutenzione e riqualificazione diffusa delle reti infrastrutturali esistenti (senza rinunciare alle grandi opere, che conservano una loro utilità intrinseca, ma demandandole ad una seconda fase quando la rete infrastrutturale esistente sarà efficiente; rappresentando tale condizione il presupposto necessario affinché le grandi opere possano esprimere effettivamente i risultati attesi), su tutto il territorio nazionale e demandando agli enti territoriali la loro attuazione, secondo uno schema di ripartizione delle risorse come quello di seguito ipotizzato.
Un primo livello di ripartizione legato alla distribuzione delle risorse per ambito territoriale.
Tale ripartizione dovrebbe rispondere a criteri che prendano in considerazione sia la distribuzione territoriale della popolazione che quella delle infrastrutture, oltre che il loro stato di conservazione.
A titolo esemplificativo si potrebbe ripartire le risorse tra le varie regioni nella misura di 1/6 proporzionalmente alla popolazione residente, di 2/3 proporzionalmente alla quantità di infrastrutture esistenti (strade, reti ferroviarie, metropolitane, parcheggi, aeroporti, porti, etc.) e di 1/6 proporzionalmente al loro stato di manutenzione (in misura decrescente dalle più carenti alle più efficienti).
Un secondo livello di ripartizione, una volta determinata la ripartizione territoriale (su base regionale), legato alla distribuzione delle risorse per ambito di competenza.
A titolo esemplificativo si potrebbe ripartire le risorse tra i diversi enti territoriali nella misura di 1/9 agli enti nazionali presenti sul territorio (con il vincolo di investire la somma all’interno dell’ambito regionale a cui sono state assegnate le risorse oggetto di ripartizione), di 2/9 alla Regione, di 2/9 alle Province e 1/3 ai Comuni, oltre ad un accantonamento di 1/9 da assegnare proporzionalmente alla qualità dei progetti presentati (in misura crescente dal progetto di sola manutenzione a quello di maggiore innovazione, sostenibilità ambientale e risparmio energetico).
Un piano così strutturato potrebbe effettivamente rappresentare uno strumento di sostegno all’occupazione, in particolare a favore delle MPI del settore edile così diffuse sul territorio nazionale e che rischiano di pagare il prezzo più alto della crisi in corso, oltre a incidere positivamente sulla qualità della vita di tutti i cittadini che vedranno migliorate le condizioni dell’ambiente fruito (vedasi per tutti i crescenti disagi degli abitanti di Roma a causa del pessimo stato della viabilità) e contestualmente diminuite le probabilità di restare coinvolti in un incidente (causa frequente di essi è la pessima condizione delle reti infrastrutturali) e restituire dignità e capacità decisionale agli enti locali (dunque, alle comunità che li abitano), così compromesse dai numerosi tagli dei trasferimenti statali e dalla sostanziale abolizione dell’unico tributo di carattere locale: l’Ici.

claudio fondelli

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SE LA SINISTRA C’E’ BATTA UN COLPO

Posted by c.f. su 9 febbraio 2009

Abbiamo fatto tanto, abbiamo avuto il coraggio di ricominciare da capo nella convinzione che fosse necessario cambiare, superare il recinto di parole d’ordine e nostalgia con cui mascheravamo la paura e l’inadeguatezza ad affrontare la complessità dell’oggi, accettando di pagare il prezzo di un doloroso strappo e della rinuncia a quanto materialmente conquistato in tanti anni per poter dare un presente al diritto di rappresentanza attiva dei bisogni della parte non privilegiata della società e adesso, in mezzo al guado, restiamo fermi.

Se la Sinistra c’è, batta un colpo; e lo faccia adesso.

 

La smetta innanzitutto di piangere e di gridare al “golpe” per l’introduzione di una soglia di sbarramento del 4% considerandolo un vulnus alla democrazia, come se questa fosse garantita dall’assicurare la presenza di tutti (compreso le micro-formazioni dello “zero virgola qualcosa” ed i partiti a conduzione familiare) e non dalla capacità di unire una maggioranza, allorché composita, su un progetto di società.

Nessuno, tanto meno io, vuol sostenere che non sia strumentale e finalizzato al proprio interesse l’atteggiamento del PD ma ciò non cambia la sostanza delle cose e cioè che sotto una determinata soglia di consenso/condivisione (probabilmente più alta dello stesso 4%) nessuna  proposta politica può definirsi un progetto e che non c’è ragione per cui la collettività (specie in un periodo di recessione) debba farsi carico economicamente di qualcosa che non può produrre nessun effetto oltre al sostentamento personale dei suoi promotori (qualcosa di privato dunque e non pubblico).

Una formazione politica che autenticamente vuole rappresentare e sostenere gli interessi di una parte della società deve aver il coraggio di accettare la sfida di conseguire un risultato capace di dare ad essa la forza elettorale necessaria a sostenere attivamente e concretamente le istanze di cui è portatrice, anche correndo il rischio di restare fuori dalle istituzioni pubbliche.

 

Per questo è necessario, invece che atteggiarsi a vittime, avere invece il coraggio di sostenere che uno sbarramento come quello introdotto per le elezioni europee è non solo condivisibile ma necessario a tutti i livelli istituzionali per assicurare un corretto equilibrio tra diritto di rappresentanza e governabilità, dimostrando che l’esperienza del governo Prodi con il suo surreale e triste epilogo e ciò che ne è conseguito (l’attuale governo in carica) è quantomeno servita a comprendere ciò; ad aver compreso profondamente quella lezione al punto di accettare – sostenendo l’introduzione di uno sbarramento analogo a tutti i livelli elettorali – di correre il rischio di pagare in prima persona (con l’esclusione in caso di mancato conseguimento della soglia) pur di privilegiare gli interessi generali del paese.

 

Soprattutto recida definitivamente, adesso perchè non c’è più tempo, l’ombelico con ciò che è diventato il PRC, con il PdCI e con tutte quelle forze e correnti politiche che, chi in buona fede chi meno, offrono in cambio del voto – e dei vantaggi di pochi in termini di presenza nelle istituzioni che ne consegue – poco più che una rassicurante illusione di un futuro in cui riconoscersi; anche se quel futuro – immaginato e teorizzato nel ‘900 – non potrà mai più avverarsi perchè nel frattempo il mondo è cambiato.

 

Entro il mese di marzo dia vita ad una nuova formazione politica che si presenti autonomamente alle elezioni europee e a quelle amministrative, in alternativa alle formazioni politiche sopra citate e con l’obbiettivo prioritario di costruire un fronte  duraturo con il PD.

 

Se la Sinistra c’è, batta un colpo.

Perchè la grande maggioranza degli elettori progressisti, io compreso, non resterà in attesa che tutte le componenti del futuro soggetto politico siano in comodo, accettando nel frattempo di votare un incomprensibile guazzabuglio con obbiettivi e prospettive inconciliabili tra loro,  giusto per assicurare la presenza di qualcuno dei suoi rappresentati nelle istituzioni, ma sceglierà di astenersi o di votare il Partito Democratico che, pur non rappresentandoli compiutamente, ha quantomeno il merito di presentarsi come unica concreta alternativa al centrodestra.

 

Se la Sinistra c’è, batta un colpo; e lo faccia adesso.

La maggioranza degli elettori progressisti è sicuramente pronta a sostenerla.

 

 

 

c.f.

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Unire la Sinistra esce dal PdCI

Posted by carbonetti battistino su 9 febbraio 2009

Roma, 8 febbraio 2008 Il direttivo dell’associazione Unire la Sinistra, nata dopo il congresso dei Comunisti Italiani, per tenere insieme la militanza di quanti hanno aderito alla mozione Bellillo-Guidoni-Robotti (che aveva raccolto il 17% all’ultimo congresso del Pdci), ha approvato all’unanimità un ordine del giorno in cui si dichiara pronta a mettere al servizio del nuovo partito de La Sinistra la storia e la militanza dei comunisti italiani. In vista di tali ragioni, si legge nell’ordine del giorno approvato – il direttivo considera oramai “conclusa l’esperienza nel Partito dei Comunisti Italiani”. Il direttivo di Unire la Sinistra invita Movimento per la Sinistra, Sinistra Democratica, Verdi, le associazioni e i movimenti interessati al processo costituente a lavorare insieme per definire rapidamente luoghi, tempi e regole di partecipazione del nuovo soggetto politico. In vista delle elezioni europee, ULS considera essenziale concorrere con un simbolo che rappresenti chiaramente il disegno politico in campo a livello nazionale, senza cartelli elettorali che rischiano di riproporre gli errori e la confusione de la Sinistra l’Arcobaleno e di svilire il valore del progetto costituente de La Sinistra. Il direttivo, infine, rinnova l’appoggio incondizionato alla CGIL per lo sciopero del 13 febbraio ed invita tutte le forze di opposizione a mobilitarsi per organizzare una imponente manifestazione nazionale in difesa della Costituzione.

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NON ABBASSIAMO LA GUARDIA

Posted by carbonetti battistino su 6 dicembre 2008

 

AFRICOM:Un nuovo progetto colonialista U.S.A. con basi in Italia. Grazie al governo Berlusconi

La lotta contro le basi militari USA e NATO nel nostro paese deve riprendere con vigore, per contrastare un’escalation di guerra e morte che oggi sconvolge la vita di milioni d’esseri umani nei paesi attaccati, ma che presto si ritorcerà direttamente contro i nostri territori
Stampa e TV italiane, a cose fatte, comunicano ai cittadini l’avvenuta sistemazione d’altri uomini e mezzi militari a stelle e strisce nelle basi USA installate sui nostri territori.   Obiettivo dell’ulteriore militarizzazione è la creazione di alcuni nodi fondamentali della nuova rete di comando per l’intervento dell’esercito statunitense in Africa.   Il quartier generale di “Africom”, ora nella città tedesca di Stoccarda, vede la sua forza navale dislocata a Napoli e quella terrestre a Vicenza. I mass media italiani dimenticano però di dire che altre basi USA presenti in Italia sono e saranno interessate alla nuova proiezione bellica USA, come camp Darby per la logistica e Sigonella per lo spionaggio.    Le notizie più chiare  sull’obiettivo militare di questo nuovo comando ci giungono, come sempre, dalla fonte principale: il Pentagono, che indica tra gli obiettivi del nuovo comando quello di  “sviluppare tra i nostri partner africani la capacità di affrontare le sfide per la sicurezza dell’Africa”. Anche in questo caso, come da copione, l’infiltrazione militare sarà veicolata da aiuti “umanitari” alle popolazioni. Romano Prodi, eletto lo scorso settembre dall’ONU come “master peacekeeping” per l’Africa, avrà sicuramente buoni consigli da dispensare agli alleati d’oltre Oceano.  Nei fatti, l’obiettivo statunitense è quello di proteggere il flusso di petrolio che dall’Africa rifornisce per il 15% ( la percentuale salirà al 25% nel 2015) la propria comatosa economia nazionale, contrastando nello stesso tempo l’espansionismo cinese in quell’immenso e strategico continente.    Assoluto silenzio stampa invece sulle tante manifestazioni, conferenze, convegni e mobilitazioni nel continente africano contro il nuovo proposito colonialista statunitense. Sudafrica, Libia e Nigeria hanno detto no al Pentagono, seguiti da molti altri paesi dell’Unione Africana.    Il governo italiano supplisce al diniego dei paesi africani, e dopo le esternazioni razziste di Berlusconi su Barak Obama, le recenti prese di posizione a favore della Russia di Putin e Medvedev, si riallinea velocemente con la nuova leadership statunitense.                           
 Le dichiarazioni del ministro degli Esteri italiano per giustificare questa nuova umiliante concessione all’esercito USA rasentano il ridicolo.
Nella conferenza stampa del 3 dicembre 2008 alla Farnesina – disertata dal Segretario di Stato USA Condoleeza Rice – Frattini dichiara che la concessione rientra negli accordi internazionali perché “si tratta di strutture di comando che operano nell’ambito del NATO”.
Niente di più falso! Africom, come tutti gli altri comandi con i quali il Pentagono ha diviso l’intero pianeta, sono sotto l’esclusivo controllo dell’esercito USA.    Dai Balcani all’Afghanistan, dal Libano all’Iraq il nostro paese è sempre più partecipe alle aggressioni colonialiste occidentali. Ora i nostri territori saranno un retroterra strategico anche per il tentativo statunitense di riconquista del continente africano.
La lotta contro le basi militari USA e NATO nel nostro paese deve riprendere con vigore, per contrastare un’escalation di guerra e morte che oggi sconvolge la vita di milioni d’esseri umani nei paesi attaccati, ma che presto si ritorcerà direttamente contro i nostri territori.
Trasformiamo la scadenza anti NATO indicata dal Forum sociale internazionale per il prossimo aprile 2009 (si legga l’appello su www.disarmiamoli.org ) in un ricco, articolato e determinato percorso di mobilitazioni contro il crescente militarismo colonialista occidentale.

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ADDIO

Posted by carbonetti battistino su 22 novembre 2008

Ciao caro compagno Curzi. Tu e la tua pipa ci avete accompagnato in un lungo viaggio sul fare informazione libera, eri rimasto uno dei pochi in quel mondo acui portare rispetto. Un grande abbraccio da tutti noi della sinistracurzi-con-pipa

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I video della assemblea di Roma

Posted by carbonetti battistino su 10 novembre 2008

GLi audio/video degli interventi alla presentazione della associazione per  “La Sinistra”

Moni Ovadia                http://www.sinistra-democratica.it/costruire-la-sinistra-il-tempo-adesso-0

Maria Luisa Boccia     http://www.sinistra-democratica.it/costruire-la-sinistra-il-tempo-adesso-1

Gianni Mattioli           http://www.sinistra-democratica.it/costruire-la-sinistra-il-tempo-adesso-2

Giorgio Parisi             http://www.sinistra-democratica.it/costruire-la-sinistra-il-tempo-adesso-3

Nichi Vendola            http://www.sinistra-democratica.it/costruire-la-sinistra-il-tempo-adesso-4

Paolo Cento                http://www.sinistra-democratica.it/costruire-la-sinistra-il-tempo-adesso-5

Claudio Fava              http://www.sinistra-democratica.it/costruire-la-sinistra-il-tempo-adesso-6

Umberto Guidoni       http://www.sinistra-democratica.it/costruire-la-sinistra-il-tempo-adesso-7

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Costruire la Sinistra: il tempo è adesso

Posted by carbonetti battistino su 7 novembre 2008

 

 

 

Le ragazze e i ragazzi che in questi giorni portano la loro protesta in tutte le piazze del paese per una scuola che li aiuti a crearsi un futuro ci dicono che la speranza di un’altra Italia è possibile. Che è possibile reagire alla destra che toglie diritti e aumenta privilegi. Che è possibile rispondere all’insulto criminale che insanguina il Mezzogiorno e vuole ridurre al silenzio le coscienze più libere. Che è possibile dare dignità al lavoro, spezzando la logica dominante che oggi lo relega sempre più a profitto e mercificazione. Che è possibile affermare la libertà delle donne e vivere in un paese ove la laicità sia un principio inviolabile. Che è possibile lavorare per un mondo di pace. Che è possibile, di fronte all’offensiva razzista nei confronti dei migranti, rispondere – come fece Einstein – che l’unica razza che conosciamo è quella umana. Che è possibile attraverso una riconversione ecologica dell’economia contrastare i cambiamenti climatici, riducendone gli effetti ambientali e sociali. Che è possibile, dunque,  reagire ad una politica miserabile la quale, di fronte alla drammatica questione del surriscaldamento del pianeta, cerca di bloccare le scelte dell’Europa in nome di una cieca salvaguardia di ristretti interessi.
Cambiare questo paese è possibile. A patto di praticare questa speranza che oggi cresce d’intensità, di farla incontrare con una politica che sappia anche cambiare se stessa per tradurre la speranza di oggi  in realtà. E’ questo il compito primario di ciò che chiamiamo sinistra.
Viviamo in un paese e in un tempo che hanno bisogno  di un ritrovato impegno e di una nuova sinistra, ecologista, solidale e pacifista. La cronaca quotidiana dei fatti è ormai una narrazione impietosa dell’Italia e della crisi delle politiche neoliberiste su scala mondiale. Quando la condizione sociale e materiale di tanta parte della popolazione precipita verso il rischio di togliere ogni significato alla parola futuro; quando cittadinanza, convivenza, riconoscimento dell’altro diventano valori sempre più marginali; quando le donne e gli uomini di questo paese vedono crescere la propria solitudine di fronte alle istituzioni, nei luoghi di lavoro – spesso precario, talvolta assente – come in quelli del sapere; quando tutto questo accade  nessuna coscienza civile può star ferma ad aspettare.  Siamo di fronte ad una crisi che segna un vero spartiacque. Crollano i dogmi del pensiero unico che hanno alimentato le forme del capitalismo di questi ultimi 20 anni. Questa crisi rende più che mai attuale il bisogno di sinistra, se essa sarà in grado di  farsi portatrice di una vera alternativa di società a livello globale.
E’ alla politica che tocca il compito, qui ed ora, di produrre un’idea, un progetto di società, un nuovo senso da attribuire alle nostre parole. Ed è la politica che ha il compito di dire che un’alternativa allo stato presente delle cose è necessaria ed è possibile. La destra orienta la sua pesante azione di governo – tutto è già ben chiaro in soli pochi mesi – sulla base di un’agenda che ha nell’esaltazione persino esasperata del mercato e nello smantellamento della nostra Costituzione repubblicana i capisaldi che la ispirano. Cosa saranno scuola e formazione, ambiente, sanità e welfare, livelli di reddito e qualità del lavoro, diritti di cittadinanza e autodeterminazione di donne e uomini nell’Italia di domani, quel domani che è già dietro l’angolo, quando gli effetti di questa destra ora al governo risulteranno dirompenti e colpiranno dritto al cuore le condizioni di vita, già ora così difficili, di tante donne e uomini?
E’ da qui che nasce l’urgenza e lo spazio – vero, reale, possibile, crescente – di una nuova sinistra che susciti speranza e chiami all’impegno politico, che lavori ad un progetto per il paese e sappia mobilitare anche chi è deluso, distratto, distante. Una sinistra che rifiuti il rifugio identitario fine a sé stesso, la fuga dalla politica, l’affannosa ricerca dei segni del passato come nuovi feticci da agitare verso il presente. Una sinistra che assuma la sconfitta di aprile come un momento di verità, non solo di debolezza. E che dalle ragioni profonde di quella sconfitta vuole ripartire, senza ripercorrerne gli errori, le presunzioni, i limiti. Una sinistra che guardi all’Europa come luogo fondamentale del proprio agire e di costruzione di un’alternativa a questa globalizzazione. Una sinistra del lavoro capace di mostrare come la sua sistematica svalorizzazione sia parte decisiva della crisi economica e sociale che viviamo.
Per far ciò pensiamo a una sinistra che riesca finalmente a mescolare i segni e i semi di più culture politiche per farne un linguaggio diverso, un diverso sguardo sulle cose di questo tempo e di questo mondo. Una politica della pace, non solo come ripudio della guerra, anche come quotidiana costruzione della cultura della  non violenza e della cooperazione come alternativa alla competizione. Una sinistra dei diritti civili, delle libertà, dell’uguaglianza e delle differenze. Una sinistra che non sia più ceto politico ma luogo di partecipazione, di ricerca, di responsabilità condivise. Che sappia raccogliere la militanza civile, intellettuale e politica superando i naturali recinti dei soggetti politici tradizionali. E che si faccia carico di un’opposizione rigorosa , con l’impegno di costruire un nuovo, positivo campo di forze e di idee per il paese. La  difesa del contratto nazionale di lavoro, che imprese e governo vogliono abolire per rendere più diseguali e soli i lavoratori e le lavoratrici è per noi l’immediata priorità, insieme  all’affermazione del valore pubblico e universale della scuola e dell’università e alla difesa del clima che richiede una vera e propria rivoluzione ecologica nel modo di produrre e consumare.
Lavorare da subito ad una fase costituente della sinistra italiana significa  anche spezzare una  condizione di marginalità – politica e persino democratica –  e  scongiurare la deriva bipartitista , avviando   una  riforma delle pratiche politiche novecentesche.
L’obiettivo è quello di lavorare a un nuovo soggetto politico della sinistra italiana attraverso un processo che deve avere concreti elementi di novità: non la sommatoria di ceti politici ma un percorso democratico, partecipativo, inclusivo. Per operare da subito promuoviamo l’associazione politica “Per la Sinistra”, uno strumento leggero per tutti coloro che sono interessati a ridare voce, ruolo e progetto alla sinistra italiana, avviando adesioni larghe e plurali.
Fin da ora si formino nei territori comitati promotori provvisori, aperti a tutti coloro che sono interessati al processo costituente , con il compito di partecipare alla realizzazione, sabato 13 dicembre, di una assemblea nazionale. Punto di partenza di un processo da sottoporre a gennaio a una consultazione di massa attorno a una carta d’intenti, un nome, un simbolo, regole condivise. Proponiamo di arrivare all’assemblea del 13 dicembre attraverso un calendario di iniziative  che ci veda impegnati, già da novembre, a costruire un appuntamento nazionale sulla scuola e campagne  sui  temi    del   lavoro e dei diritti negati, dell’ambiente e contro il nucleare civile e militare e per lo sviluppo delle energie rinnovabili.
Sappiamo bene che non sarà un percorso semplice né breve, che richiederà tempo, quel tempo che è il luogo vero dove si sviluppa la ricerca di altri linguaggi, la produzione di nuova cultura politica, la formazione di nuove classi dirigenti. Una sinistra che sia forza autonoma – sul piano culturale, politico, organizzativo – non può prescindere da ciò. Ma il tempo di domani è già qui ed è oggi che dobbiamo cominciare a misurarlo. Ecco perché diciamo che questo nostro incontro segna, per noi che vi abbiamo preso parte, la comune volontà di un’assunzione individuale e collettiva di responsabilità. La responsabilità di partecipare a un percorso che finalmente prende avvio e di voler contribuire ad estenderlo nelle diverse realtà del territorio, di sottoporlo ad una verifica larga, di svilupparlo lavorando sui temi più sensibili che riguardano tanta parte della popolazione e ai quali legare un progetto politico della sinistra italiana, a cominciare dalla pace, dall’equità sociale e dal lavoro, dai diritti e dall’ambiente alla laicità.
Noi ci impegniamo oggi in questo cammino. A costruirlo nel tempo che sarà richiesto. A cominciare ora.

Roma, 7 novembre 2008

 
Primi firmatari:

Mario    Agostinelli, Vincenzo Aita, Ritanna Armeni, Alberto Asor Rosa, Angela Azzaro, Fulvia     Bandoli, Katia Belillo, Giovanni Berlinguer, Piero Bevilacqua, Jean Bilongo, Maria Luisa Boccia, Luca Bonaccorsi, Sergio Brenna, Luisa Calimani, Antonio Cantaro, Luciana Castellina, Giusto Catania, Paolo Cento, Giuseppe Chiarante, Raffaella Chiodo, Marcello Cini, Lisa Clark, Maria Rosa Cutrufelli, Pippo Delbono, Vezio De Lucia, Paolo De Nardis, Loredana De Petris, Elettra Deiana, Carlo De Sanctis, Arturo Di Corinto, Titti Di Salvo, Daniele Farina, Claudio Fava, Carlo Flamigni, Pietro Folena, Enrico Fontana, Marco Fumagalli, Luciano Gallino, Franco Giordano, Giuliano Giuliani, Umberto Guidoni, Leo Gullotta, Margherita Hack, Paolo Hutter, Francesco Indovina, Rosa Jijon, Francesca Koch, Wilma Labate, Simonetta Lombardo, Francesco Martone, Graziella Mascia, Gianni Mattioli, Danielle Mazzonis, Gennaro Migliore, Adalberto Minucci, Filippo Miraglia, Marco Montemagni, Serafino Murri, Roberto Musacchio, Pasqualina Napoletano, Paolo Naso, Diego Novelli, Alberto Olivetti, Moni Ovadia, Italo Palumbo, Giorgio Parisi, Luca Pettini, Elisabetta Piccolotti, Paolo Pietrangeli, Fernando Pignataro,  Bianca Pomeranzi, Alessandro Portelli, Alì Rashid, Luca Robotti, Massimo Roccella, Stefano Ruffo, Mario Sai, Simonetta Salacone, Massimo L. Salvadori, Edoardo Salzano, Bia Sarasini, Scipione Semeraro, Patrizia Sentinelli, Massimo Serafini, Tore Serra, Giuliana Sgrena, Aldo Tortorella, Gabriele Trama, Mario Tronti, Nichi Vendola

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La federazione di Roma

Posted by carbonetti battistino su 31 ottobre 2008

 
 
Caro Ferrero,
ti raccontiamo la vergogna
della federazione di Roma
 
 

Caro Paolo,
sappiamo quante difficoltà locali si vanno diffondendo e sommando a quelle di un’esile maggioranza congressuale. Riteniamo però che la situazione della federazione di Roma meriti la tua attenzione non fosse altro per la gravità di quel che accade. E allora ti chiediamo: ma che succede a Roma?
A luglio si è svolto il congresso cittadino e a quattro mesi di distanza il partito a Roma non dà segni di vita, questo nonostante moltissimi tra quelli che ti hanno sostenuto nel congresso romano, si siano autonominati maggioranza. Una “maggioranza” che però non riesce a definire una linea politica né un gruppo dirigente.
Ci permettiamo allora di raccontarti dal nostro punto di vista cosa è successo a Roma negli ultimi mesi.
In pieno agosto alcuni di noi sono stati convocati per il primo Cpf dopo il congresso, convocato per l’11 settembre 2008 e che aveva un unico ordine del giorno chiarissimo: l’elezione del segretario. Sappiamo che precedentemente a quella data, e per iniziativa dei compagni dell’area Rifondazione per la Sinistra, c’era stato un incontro tra esponenti delle diverse mozioni che aveva provato a creare un clima idoneo, affinché la discussione si attestasse sulle priorità politiche del partito e della sinistra tutta nel difficile contesto cittadino. Poi però qualcuno si è presentato con degli Odg che avevano l’obiettivo preciso di introdurre elementi di conta, atteggiamento che contraddiceva ogni proposito di ricerca unitaria. Di fatto quel Comitato Politico federale non si è mai svolto, perché sospeso. Inoltre in quegli stessi giorni si è svolta a Roma una festa di alcuni circoli che qualcuno ha voluto, senza nessun voto nella sede del Cpf, far passare per festa cittadina. Poi tutta una serie di comportamenti e fatti che riteniamo in diversa misura gravi: veniamo a sapere che alcuni circoli, prevalentemente del documento uno, ancora non hanno pagato le tessere, cosa che, pensiamo, ne avrebbe dovuto persino impedire lo svolgimento del congresso del circolo. Riceviamo mail e comunicazioni dalla presidente del Cdg della federazione che ci invitano a partecipare a iniziative mai discusse in nessun organismo dirigente cittadino fino all’episodio più grave, avvenuto durante il corteo dell’11 ottobre. Molti di noi si sono avvicinati allo striscione della Federazione, costatando una gestione delle parole d’ordine lanciate dal camion da far venire i brividi: violenza verbale contro tutto e tutti non fosse comunista doc e secondo i personali parametri di chi deteneva (a quale titolo?) il microfono. L’apice di quest’atteggiamento ha trovato il suo compimento nell’aggressione al compagno Bertinotti, parolacce e bestemmie ben identificabili con la federazione di Roma.
Tutto questo per darti il quadro della situazione, per noi inaccettabile, in cui si trova la nostra federazione.
Eppure Roma non ci sembra un luogo da poco. Una federazione in cui chiunque, ma proprio chiunque, può alzarsi una mattina e parlare in nome del partito romano.
In città in questi giorni succedono cose importanti: si occupano le università, ci si mobilita per la difesa della scuola pubblica, per la tutela dell’agro romano, per contrastare xenofobia e razzismo. Ma la federazione continua a versare in uno stato di assoluta e pericolosa empasse. Quanto può durare una situazione così insostenibile, quanto reggerà un accordo tra mozioni che non ha alcun profilo politico se non la conservazione di uno status quo? Noi sui nostri territori continuiamo a svolgere le nostre attività, riuniamo i direttivi, le assemblee degli iscritti, ci misuriamo con il tema stringente di darci nuove grammatiche, proviamo a sperimentare innovative forme di agire politico e abbiamo drammaticamente compreso che d’identità asfittiche si può anche morire e che se a Roma si continua in questo modo della Federazione, resteranno solo i locali di via Squarcialupo, 58.
Da ultimo non vorremo che proprio chi si è affermato al congresso nazionale difendendo, a parole, l’autonomia del partito e delle esperienze territoriali tenga in scacco i comunisti romani in attesa che il dalemone interno all’attuale maggioranza metta a posto “le caselle del potere” in giro per l’Italia. Insomma può la federazione di Roma essere ostaggio di quanto succede a Via del Policlinico o in Lombardia?
Certi di un tuo riscontro ti salutiamo fraternamente.
Firme segretari di circolo:
Luana Di Molfetta (Monti Esquilino),Giuseppe D’Agata (San Lorenzo), Massimo Rivera (San Basilio), Stefano Russo(Casal Bruciato), Piero Milotti (Pietralata), Umberto Brancia (Tor dè Schiavi), Piero Di Folco (Appio-Tuscolano), Vezio Ferrucci (Garbatella),Marina Pieroni (San Paolo), Marco Ascione (Spinaceto), Alberto Corsi (Ostia Lido), Maurizio Lopò (Massimina), Roberto Mazzantini (XVIII Municipio), Rosangela Mura (Quartaccio), Marco Di Pasquale (Ponte Milvio), Patrizia Caprara (Cooperazione sociale), Mariella Bacarini (Sanità), Stefania Quarti (Fiumicino)

31/10/2008

 

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Lettera ad una studentessa

Posted by carbonetti battistino su 30 ottobre 2008

Lettera a una studentessa

 

Non hai un solo nome, sei un soggetto plurimo, sei una moltitudine, sei maschile e femminile. Eppure voglio
scriverti pensandoti come un singolo, anzi come una singola. Si, come una studentessa: e non certo per pelosa galanteria, ma perché la “cosa” che incarni è così poco militarizzata e gerarchizzata che mi offre una declinazione al “femminile” dei pensieri che mi ispiri. E dunque, cara studentessa anti-Gelmini: ti spio, ti annuso, provo a decifrare il tuo lessico, cerco di indovinare i tuoi gusti e le tue passioni. Hai la faccia anche della mia piccola Ida, che è andata al suo battesimo con la piazza con la serietà con cui ci si presenta ad un esame scolastico. Il suo primo corteo. Mi sono imposto, per una questione di igiene politica, di non fare paragoni (il 68, il 77, l’85, la pantera): quei paragoni che dicono molto della nostra vecchiezza e poco della giovinezza di chi compone le forme nuove della ribellione al potere. Ho cercato di non sovrapporre la mia epopea, la mia biografia, la mia ideologia, al corpo sociale che tu rappresenti, al processo culturale che tu costruisci, alla radicale contraddizione che tu fai esplodere con la fantasia e il sarcasmo dei tuoi codici comunicativi e della tua contro-informazione. Tu sei, seppure ancora appesa a più fili di adolescenza, una domanda matura e irriducibile di democrazia: e hai capito che per non essere ridotta alla volgarità del tele-voto e della pubblicità, la democrazia non può che vivere e rigenerarsi nel rapporto con le culture, nella socializzazione dei saperi critici, nella ri-tessitura quotidiana delle reti di incivilimento e dei nodi di convivialità. La scuola è il fondamento di ogni democrazia. Lo è quando insegna ai bimbi delle elementari l’elementare rispetto per ogni essere umano: precetto che forse evaporerebbe in qualche istituto scolastico di rito padano. Lo è quando riannoda i fazzoletti della memoria storica e tramanda narrazioni, saperi e valori. Lo è anche quando la scuola fuoriesce da sé, straripa nel conflitto politico-sociale, invade la piazza,
trasferisce la cattedra sul marciapiede, proietta le proprie attitudini pedagogiche sui territori, rompe la separatezza dei suoi microcosmi e investe con domande di senso l’intera società. Dimmi che scuola hai e ti dirò che società sei. C’è chi immagina, anzi c’è chi vuole apparati della formazione che preparino alla precarietà esistenziale e produttiva: e dunque servono scuole e università dequalificate. Le classi dirigenti (forse è più appropriato dire “classi dominanti”) si riproducono invece per partenogenesi, ben protette in quei laboratori della clonazione sociale che sono scuole e università private. Cara studentessa, queste cose tu le hai scoperte con semplicità, le hai spiegate alla tua famiglia, le hai narrate con compostezza nelle assemblee, hai rivendicato la tua centralità (la centralità della pubblica istruzione) contro chi “cogliendo l’attimo” dell’egemonia berlusconiana voleva e vuole di colpo annullare un secolo di battaglia delle idee, di esperienze gigantesche di riorganizzazione sociale e scolastica: hai ben compreso che la Gelmini non è folclore, ma è il punto più insidioso dell’offensiva della destra, è una sorta di don Lorenzo Milani rovesciato, è l’apologia di un “piccolo mondo antico” abitato da voti in condotta e grembiulini monocromatici dietro la cui scenografia ottocentesca si muove la modernità barbarica del mercato: che non ha bisogna di individui colti, e liberi perché padroni delle conoscenze, ma ha bisogno di piccole libertà in forma di merce per individui ammaestrati alla competizione e diseducati alla cooperazione.
Carissima studentessa, la lezione più importante che ho appreso studiando le vicende del secolo in cui sono nato è che l’obbedienza non è una virtù assoluta. Se è ossequio ad un potere cieco, ad un codice violento, ad un paradigma di morte, allora bisogna ribellarsi, allora bisogna scegliere le virtù civiche della disobbedienza. Non si può obbedire alla politica del cinismo affaristico e classista. Al contrario, dobbiamo cercare la politica che ci aiuta ad essere la forza ostetrica che fa nascere il futuro. Volevo ringraziarti perché, spiandoti e annusandoti, non ho pensato: questa qui è dalla mia parte. Ho pensato che la mia parte (stavo per dire il mio partito) è nello spazio riempito dai tuoi gesti, dalle tue parole, dalla forza inaudita di tutte le tue libertà.

Nichi Vendola

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